Probabilmente il villaggio di Piovà cominciò a formarsi nel 1041 con il Plebanato di Meyrate, che aveva sede nei pressi dell’attuale cimitero, dedicato alla chiesa di San Giorgio. Anticamente Piovà si chiamava Plebata e come gli altri villaggi dei dintorni, condivideva le vicende della Contea di Cocconato e le sorti dei Conti Radicati. I Radicati nel 999 ebbero sequestrati i beni a favore della Chiesa di Vercelli per aver seguito Re Arduino nella guerra contro l’imperatore Federico Barbarossa, che assegnava Cocconato a Guglielmo di Monferrato; successivamente però furono riabilitati e ricevettero investiture e franchigie da Federico II di Svevia nel 1249, da Carlo d’Angiò, sino a Carlo V negli anni 1530.
Piovà sorta all’ombra dell’ antica pieve, si sviluppò in seguito verso lo sperone collinoso di Montecomigliano, quando i Radicati vi costruirono il vecchio Castello di Plebata. Così anche la parrocchia lasciò l’antica sede di San Giorgio per trasferirsi nelle adiacenze del castello, presso la chiesa di San Michele e in un atto del 12 agosto 1339 apparve per la prima volta la Comunità di Plebata.
Dopo un lungo periodo di pace non tardarono a riaccendersi le guerre tra il duca di Savoia Amedeo IX e Guglielmo VIII marchese del Monferrato, che occupò Piovà nel 1431 . Declinava intanto l’antica potenza dei Radicati, già sostenuta dal 1458 dal Duca di Milano Francesco Sforza, e l’8 febbraio 1586 Cocconato si sottoponeva definitivamente al Duca Carlo Emanuele I di Savoia.
Il Borgo di Piovà già da tempo posseduto dai Marchesi del Monferrato seguì le sorti del Marchesato.
Nel 1617 dopo la guerra tra i Savoia e i Gonzaga appoggiata dal Re di Spagna, Piovà rimase ancora ai Gonzaga e per il Monferrato furono anni terribili. Si succedevano di continuo lotte tra Savoiardi, Spagnoli, Francesi e nel 1625 il paese venne bruciato dagli Spagnoli. Alla guerra e alla carestia si aggiunse la peste che aveva già fatto strage nel 1503, 1522 e 1530.
Nel 1637 gli uomini di Piovà prestarono giuramento al Duca Carlo II di Monferrato. Per generosa offerta di Don Pietro Francesco Barberis, morto nel 1682, pievano e vicario di Piovà si apriva in quel periodo una scuola per l’istruzione dei fanciulli e aiuto a chi intendeva entrare negli ordini religiosi.
La comunità volle pure assoggettare ai tributi locali, l’acquartieramento delle truppe nel periodo invernale. Furono i primi segni di un aspro contrasto con il feudatario Conte Ricci che si protrasse dal 1674 sino al 1727.
Dopo la vittoria dei Piemontesi sui Francesi e la liberazione di Torino il 7 settembre 1706, Vittorio Amedeo II ebbe il Monferrato, la Sicilia e il titolo di Re. Il re entrò in possesso del Ducato del Monferrato il 16 agosto 1708.
Durante la rivoluzione francese le popolazioni piemontesi rimasero fedeli alla monarchia; le cose mutarono con le vittorie di Bonaparte e la costituzione nel 1798 di un governo provvisorio a Torino. Il 16 gennaio 1799 fu celebrata a Piovà la festa repubblicana della “Rigenerazione”. Ma se il regime repubblicano aveva soppresso i diritti feudali e i comuni ne avevano ricevuto qualche vantaggio, le imposte statali premevano sui cittadini. Il malcontento andava crescendo anche per la Leva che portava via la gioventù mandata a combattere in terre lontane. La caduta di Napoleone e la successiva Restaurazione, furono accolte con gioia.
Durante il periodo fascista Piovà fu accorpata con i Comuni di Castelvero e di Cerreto d’Asti, costituendo un unico Comune. Nel 1947 l’aggregazione si sciolse e mentre il Comune di Castelvero restò con Piovà, diventandone parte a tutti gli effetti, quello di Cerreto d’Asti scelse di tornare indipendente. La questione diede inizio ad una lunga battaglia di delimitazione dei confini tra i due paesi, conclusasi con una sentenza del Consiglio di Stato soltanto nel 2005.