La parrocchia dei Santi Pietro e Giorgio è uno dei più insigni monumenti barocchi della provincia di Asti : fu progettata dall’architetto di corte Sabauda Benedetto Alfieri, zio del celebre Vittorio, drammaturgo astigiano, nel 1749, su incarico dei Conti Ricci, feudatari locali e ramo della famiglia Radicati, che gli commissionarono anche un corridoio di collegamento con il loro palazzo, proprio di fronte alla chiesa.
Fu ultimata nel 1774 con le ultime opere murarie, mentre, il campanile, è di poco posteriore, del 1779: vero capolavoro barocco per l’equilibrio delle proporzioni, la leggiadria delle modanature e del coronamento. Le campane, ancora originali, sono opera del fonditore De Giorgis, alessandrino, risalgono al 1781 e sono in bronzo sbalzato.
La facciata, severa e monumentale, è caratterizzata da una forte concavità centrale, in cui sono inseriti il portone principale, intagliato sobriamente e un ampio rosone. Un piccolo frontone e stipiti in arenaria le altre caratteristiche, come pure l’acroterio che regge la croce in ferro e le due fiamme laterali. Tutta la facciata poi è inquadrata da pilastri e lesene con capitelli ionici.
Le costruzioni dell’architetto astigiano sono caratterizzate da un barocco di stile Michelangiolesco, in apparenza festoso ma, di fatto, freddo e rigoroso, composto da muri spessi e superfici dure, tipico dello stile della corte di Carlo Emanuele III, al quale stile “sabaudo” doveva adeguarsi, anche se il suo tentativo era quello di “sprovincializzare” l’architettura piemontese, avvicinandola alla classica romana. Dato che il barocco segna un punto di rottura con lo stile neoclassico che lo ha preceduto, con le sue linee curve dagli andamenti sinuosi, come ellissi, spirali e motivi che si intrecciano tra loro, per destare meraviglia e senso di teatralità, il nostro artista desiderava combinare queste caratteristiche con un’ esuberanza decorativa, unendo pittura, scultura e stucchi nella composizione spaziale, sottolineando il tutto con giochi di luce ed ombre.
L’interno, a croce greca e scenografico, ha una vasta cupola e un presbiterio allungato e conserva la decorazione tipicamente settecentesca, con continui richiami alla Madonna, rappresentati dalle conchiglie di ogni forma sparse in tutta la chiesa. Vi sono due ordini di pilastri , ornati da capitelli corinzi, che reggono una ricca trabeazione e le nervature della cupola ottogonale, che si apre sotto il cupolino cilindrico.
A due terzi d’altezza della navata si apre l’ariosa galleria, ornata da balaustrate in legno intagliato leggiadramente e dipinte secondo lo stile Luigi XIV, che arrivano dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieri, opera dello Juvarra e distrutta nel periodo della Rivoluzione Francese. Nel cornicione superiore sono inserite 16 tele (ora in parte in restauro) che rappresentano apostoli ed evangelisti, opere del pittore astigiano Montaldi, che le eseguì intorno al 1824.
Nell’abside, dietro l’altare maggiore, è situata la tela della Madonna Assunta e apostoli, opera di Sebastiano Taricco da Cherasco, uno dei maggiori spunti di interesse insieme con la Madonna del Rosario, statua lignea acquistata dallo scultore Danieli, anch’essa proveniente dalla chiesa di Sant’Andrea di Chieri e portata a Piovà nel 1791.
Il ricco altare maggiore, in marmi policromi e lapislazzuli è attribuito a Benedetto Alfieri, dietro il quale vi sono gli stalli barocchi del coro, opera di pregio, probabilmente del “minusiere” Negro di Piovà, come pure i banchi della chiesa, alcuni fregiati di stemmi nobiliari, il pulpito e i confessionali, su disegno del parroco Audisio di Villadeati (rimossi attualmente, come l’organo, per i lavori di consolidamento volti all’eliminazione delle infiltrazioni d’acqua).
Fra gli arredi sacri un crocefisso settecentesco sopra l’altare maggiore; un calice e un ostensorio donati dal Cardinal Massaia, effigiato in una statua marmorea di Cesare Aureli (1909), copia dell’originale a Frascati, presso i Cappuccini.
Ricche di marmi le cappelle laterali, quella di destra entrando è dedicata alla Madonna del Rosario, eseguita negli anni 1780-81, su disegno dell’architetto Amedeo Galletti di Torino, dal marmorista Giudice. Quella di sinistra è opera dei marmisti Angelo Maria Ganna e Giuseppe Buzzi di Viggiù, tra il 1771 e il 1778, a spese della Compagnia del Suffragio; la pala dell’altare è opera del pittore Bagutti.